… mentre i paradisi bruciano …
Testo critico a cura di Sandra Nava
Un fortissimo vento di fumo e di braci corre da mesi per il Pianeta: la sua sete è illimitata come la furia di chi lo alimenta, e ciò che sta per rimanere di alcune tra le più importati riserve verdi del mondo, se non si troveranno al più presto rimedi efficaci e stabili, saranno distruzione e cenere.
Tutto questo non riguarda esclusivamente le popolazioni interessate da queste immani stragi di fauna, flora e umanità, nel triste caso l’Amazzonia intera e il Nuovo Galles australiano, ma è il mondo intero, tutti e ognuno, scon-coinvolto in questa enorme emergenza globale.
Qualche mese fa, nell’ottobre scorso, molto opportunamente Papa Francesco riunì a Roma un Sinodo dei Vescovi amazzonici, espressamente dedicato a quel territorio, mentre dall’altra parte del mondo ancora non si paventava la tragica vicenda australiana, che pur presenta nel suo intricato percorso anche diverse eccezionali rarità climatiche.
Quel Sinodo storico che impegna tutta la Chiesa ad una conversione “anche” ecologica, per la prima volta propone nei propri documenti finali la definizione di “peccato ecologico” accompagnato da importanti conclusioni che vedono al centro del messaggio di Roma le popolazioni indigene, i loro atavici problemi di sopravvivenza oltre che di sopraffazione e violenza, con possibili progetti concretamente d’aiuto e consapevolezza.
È con questi pensieri ed in questo particolare contesto storico-ambientale di forte chiamata all’impegno rigoroso collettivo ed individuale, che l’artista Ivano Parolini, da sempre sensibile alla responsabilità, mai come in questo caso, particolarmente spirituale dell’arte, svolge, site-specific, una delle sue installazioni più poetiche, di non semplice lettura oltre l’apparente fruibilità.
Proprio nelle sue amate terre gandinesi e in quel prezioso Museo della Basilica di Gandino, tra i più storici e meglio conservati del nostro Paese, prende vita l’opera.
Nella bianca scia della rappresentazione metaforica ma al contempo reale, nell’indubbia ieraticità del “Vicario”, quasi prescindendo dalla persona stessa, ma qui riferimento “illuminante” per sentieri di pace e salvazione, si dipana un allegorico rito d’armonia naturale al quale ognuno è chiamato protagonista di un gesto di condivisione e partecipazione.
Tra variopinte varietà di piccoli fiori, piante verdi, erbacee e fioriture, si concorre al costituirsi di un piccolo Eden nella diversità e nelle differenze nel riconoscersi nell’altro da sé, ricchezza vera dell’umanità, nell’equilibrio naturale della sopravvivenza, della vita stessa.
Aggiungendo al momento performativo una sezione di olii a proporre pittoricamente una scelta floreale d’intensa matericità coloristica tra neo-pop, art brut ed informalità, l’autore chiude emblematicamente il suo canto su uno dei temi più consoni: un tronco d’albero caduto, spoglio e bruciato, che alzando i propri rami al cielo rivela un grido d’uomo, quell’uomo che sappia in ogni goccia d’acqua, in ogni filo d’erba “… di questa terra non essere castigo” (P. Neruda)
Sandra Nava, febbraio 2020
FLOWERS
Testo critico a Cura di Susanna Bianchini
La cifra stilistica delle installazioni site-specific di Ivano Parolini torna a far riflettere in Flowers, dove l’artista Bergamasco sembra riprendere le modalità con cui aveva omaggiato, come in un requiem, il viaggio senza ritorno di Pippa Bacca in Turchia (La Sposa, 2018, Giornata contro il femminicidio).
Stavolta, l’abito bianco è quello del Papa: Francesco I, infatti, nell’Ottobre dello scorso anno, ha deciso di convocare l’assemblea dei vescovi, il Sinodo, nella regione Pan-Amazzonica, proprio per discutere i nuovi cammini per la chiesa e per l’ecologia. Tema, quest’ultimo, sempre centrale nel nostro millennio: dagli ammonimenti della giovane Greta Thunberg ai disboscamenti indiscriminati ancora in atto, gli occhi e le speranze del mondo restano ancora puntati sopra la foresta Amazzonica, un polmone verde che non possiamo perdere. Assieme alla ricchezza delle piante, viene anche quella antropologica, con popolazioni antiche quasi quanto alberi millenari che vengono abbattuti senza ritegno.
Torna, nell’abito del Papa, la purezza di una veste bianca, come l’abito virginale della sposa: sul suo manto, lungo circa 13 metri, sembrano fiorire piante e fiori di tante specie diverse, alcune di una bellezza inquietante visto che sono corredate di spine e aghi appuntiti: come gli uomini, anche le piante sono spesso in guerra con l’ambiente che le circonda, e per sopravvivere diventano aggressive. Eppure, l’equilibrio della natura è un fondamento a cui il genere umano, spesso autodistruttivo, può solo anelare.
Attraverso questa installazione, Parolini riflette proprio sui concetti di convivenza e rispetto reciproco, che sono spesso messi da parte in favore dell’individualità ed egoismo personale piuttosto che per il bene comune.
C’è un motivo per cui siamo a questo mondo, sembra voler sussurrare questa installazione; ma possiamo scoprirlo solo se il percorso lo facciamo insieme. facendo anche passi indietro se necessario, lasciando spazio alla crescita di ognuno.
Susanna Bianchini 2020
FLOWERS
Testo critico a Cura di Francesco Rizzoni
Porre l’attenzione e lo sguardo attraverso un’enciclica su un tema che apparentemente ci tocca in maniera marginale, deve in qualche modo scuotere le coscienze e far riflettere, proprio perché il tema è importante e noi vogliamo farci carico di questo messaggio.
La mostra promossa dal Gruppo degli Amici del Museo negli spazi della sezione dedicata ai presepi dal titolo “L’arte del presepio. Amazonia” vuole aiutarci a soffermare il pensiero come uomini e donne e come cristiani per comprendere il tema del rispetto del creato. In mostra, dove vere e proprie opere d’arte non sono esposte, si percepisce la semplicità del tema, incarnando così la figura fulgida e la dottrina di papa Francesco. Un percorso dove messaggi, immagini e presepi della tradizione amazzonica si mescolano vivacemente e fanno confluire l’interesse nella sala dove l’artista Ivano Parolini ha creato la propria “performance” dal titolo “Flowers”. Tutto si completa nel concetto e nel grido di aiuto della “casa comune”.
L’installazione mette in risalto, seppur in poco spazio, la possibile convivenza e armonia che si creano in un ordine prestabilito che rimanda all’infinito, a Dio. Ed è proprio quell’ordine che oggi venendo meno, lacera e fa decadere, piano piano, pezzo dopo pezzo, un sistema fragile seppur assodato. Il gruppo degli Amici del Museo si fa portatore di questi sentimenti e ne promuove la sensibile iniziativa.
Grazie ad Ivano, il museo si fa ancora una volta teatro di contemporaneità e dona un’esperienza capace di emozionare se per primi saremo in grado di ascoltare.
Francesco Rizzoni
Rettore del Museo della Basilica di Gandino