“Anime”

il viaggio verso l’eterno …

di Ivano Parolini

Un’intensa, coinvolgente installazione dell’artista Ivano Parolini che di queste terre è originario, accoglie la comunità di Gandino nella propria straordinaria basilica di S. Maria Assunta, in occasione delle celebrazioni novembrine per la ricorrenza dei defunti, momento nei quale per ogni fedele, all’adesione liturgica si sommano, inevitabili, struggenti pensieri di ricordo ed intima riflessione.

“ANIME”, questo il titolo dell’operazione artistica, “site specific”, tramite la quale l’autore immagina e dà vita, impiegando soluzioni e strumenti multimediali, alla rappresentazione scenica dell’estremo viaggio che ogni anima compie verso la destinazione finale; ha tra l’altro il merito di riportare l’attenzione su un tema più che mai attuale: è ancora possibile oggi un dialogo tra il sacro e l’arte contemporanea, raffigurando il divino nell’arte nella palese difficoltà a definire il concetto stesso di “arte sacra”?

Particolarmente delicato quindi il compito di un intervento temporaneo, in un luogo di monumentale antico culto, là dove una secolare tradizione ha definito temi e linguaggi iconografici e stilistici ampiamente riconoscibili e frequentati. Tuttavia nel rispetto e nella scontata sensibilità nell’accedere ad ogni sollecitudine d’Arte Sacra, è opportuno rimarcare il coraggio e la passione di un’inventiva che, armonizzando il “nuovo” del linguaggio artistico contemporaneo con l’immensità di una storia che è innanzitutto storia di fede, rende ancor più esplicita la necessità di rinnovato dialogo tra essi. Più che mai negli attuali contesti è percepibile l’urgenza di nuova “annunciazione” e di ulteriori chiamate, soprattutto ai giovani artisti, per tramandare epifanie di inestimabile bellezza.

Nella sua lunga storia il rapporto dell’arte col “sacro” e l’invisibilità del mistero che lo origina, ha conosciuto epoche complesse intimamente connesse all’evolversi del cammino stesso dell’umanità, non dimenticando che dall’Antico Testamento “l’origine delle arti viene inequivocabilmente presentata in funzione del culto per rendere più chiaro il senso delle liturgie e della Verità da trasmettere” (T. Verdon).

Condiviso da millenni il “rito” liturgico per eccellenza che si svolge nella funzione della santa Messa, non è forse la primigenia fondamentale forma creativa “rappresentativa” della Chiesa stessa? Grandi papi nella storia hanno compreso il valore rivelativo dell’arte chiamando artisti tra i migliori di ogni tempo a collaborare al racconto della tradizione offerto ai fedeli in tacita conversazione, e quasi “in aiuto alla sola ragione nell’affrontare il mistero” (Benjamin), non dimenticando qui la “lettera agli artisti” di Giovanni Paolo II dell’aprile 1999, nel solco di Giovanni XXIII e di Paolo VI, dove si dice che “… l’intuizione artistica scaturisce dal profondo dell’animo umano accompagnandosi alla percezione della bellezza e della misteriosa unità delle cose …”

E’ così che l’artista Parolini, entrando nel merito di questo viaggio d’anime, usa più elementi simbolici posti sul pavimento della navata centrale della basilica, a formare una croce  col transetto laterale, e sono un “prima” ad evidenziarsi, costituito dal grande telero “diluvio universale” dello Zimengoli (1718), posto sopra la bussola d’ingresso, ad aprire idealmente il percorso verso un “dopo” dell’approdo finale posto di fronte, all’altezza dell’altare maggiore, rappresentato dalla grande pala dell’artista realizzata appositamente per l’occasione, raffigurante “il Crocifisso”: ecco plasticamente i due poli tra catastrofe e redenzione, nell’estrema offerta di Dio Padre tramite il Figlio fatto uomo.

Si rendono concretamente evidenti i confini di quella via entro la quale tutto si compirà.

Tra i capi estremi del viaggio, a fluttuare sul terreno completamente ricoperto di foglie autunnali, chiaro riferimento alla caducità di ogni vivente, un insieme di luci sospese, lumi vibranti delle anime stesse in cammino interpuntate a terra da ceri accesi, sottolineando così   anche il legame storico con gli effetti di “lumi” già elaborati nelle rappresentazioni sacre del ‘400 e oltre, per rievocare quell’”illuminazione celeste” che segnò fortemente  tutta l’arte fiorentina.

Luce, determinante elemento evocativo accanto alla presenza del “suono”, coprotagonista fondamentale per lo svolgersi della performance, qui nell’esecuzione di brani classici intrepretati da tre musicisti, pianoforte, timpani e contrabbasso ad arco che, davanti ai gradini dell’altare, interagiranno, tra sequenze anche mixerate dall’artista, in un dialogo polifonico con le anime verso l’approdo: tre, a parafrasare la scansione classica dei tre emblematici luoghi dell’al di là.

Qui, in questo teatro di mezzo, si concretizza allora la rappresentazione metaforica della mortalità della natura umana in contrapposizione all’immortalità dello spirito, che vedrà nell’accensione della cupola e di tutto il soffitto della basilica nel suo evidente splendore, la realizzazione scenica della grande promessa dell’Eternità.

Ma è la basilica gandinese stessa, che accoglie maestosa l’opera di Parolini, ad impegnare nella riflessione globale sulla manifestazione, interagendo da protagonista con autorevole potenza, tramite l’unicità dei propri capolavori evidenziati in straordinarie scansioni ritmiche di luce, in un incontro di intenti profondo, spirituale e teso, nelle intenzioni, all’evocazione del mistero per leggerlo e viverlo con i fedeli nelle sue verità nascoste, ben oltre l’evento stesso.

Sono da citare, nell’elaborazione scenica, la “pala dei morti” attribuita a Sanz di Passau (1699) e la splendida cupola affrescata nel 1681 dal Lambranzi e che rivela nell’”occhio” una particolare “annunciazione” come dire l’inizio di tutto nella storia della salvezza.

Ed è sulla grande pala finale “il Crocifisso” di Parolini che l’attenzione commossa si ferma, rivivendo intensità pittoriche, oggi non consuete, per entrare in una ricerca che viene da lontano, su strade di classica formazione e che, indagando sui rapporti più intimi tra esperienze emozionali e spirituali della realtà, affida ad una forte capacità cromatica il proprio segno netto ed incisivo.

L’impianto del dipinto, che sorprende per l’irregolarità prospettica scelta e per i toni di materia in bassi contrasti tonali, si svolge ascensionalmente, in una scala di modi e tecniche a comporre una rappresentazione estremamente complessa, nell’apparente scarna drammaticità, di un tragico evento “umano” che una simbolica luce d’altrove già prefigura al termine della rivelazione.

Contrariamente alla pur vasta iconografia consueta del tema, assistiamo ad un netto divario tra lo sfondo del dipinto e la figura del Cristo nella quale si accentua nel tronco, in modo simbolico-concettuale, la lacerante assunzione di violenza incisa con devastante furia su un corpo che si farà sostanza di vita per ognuno.

Alte lezioni realiste-espressioniste dal ‘900, con forti concetti di simbolo, configurano una prova di “sacro” contemporaneo di potenza non comune, frutto di un lavoro coraggioso nel quale l’artista stesso non ha esitato a mettersi personalmente in gioco.

“ANIME” nel suo viaggio ultraterreno di luci, suoni, colore è qui, in questo antico luogo di fede, ove l’arte e lo spirituale si sono ancora incontrati, a proseguire in dialogo vitale quell’attimo lungo una storia in cui può accadere di “vedere l’invisibile”.

Settembre 2016 

Sandra Nava

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